BRASILE / Giorni 9 – 10: OLINDA / RECIFE

Tag: Grattacieli residenziali, Sicurezza, Olinda, Pendolari, Autobus, Recife Antigo, spiagge

“Ecco, vedete? Questi palazzi sono il sogno della classe media di Recife. Tutti desiderano trasferirsi qui, oggi: costi quel che costi! E li desiderano tanto anche perché, altrove, non si sentono al sicuro. E ovviamente nessuno ha interesse a dirgli il contrario… anche perché la sicurezza, oggi, è un business che tira. Guardie, telecamere, cancelli, automobili blindate…”

Alla guida della sua vecchia Fiat Sebastian, il proprietario austriaco del Cama e Cafè di Olinda ci indica – scintillante nella notte – la selva di nuovi grattacieli residenziali appena costruiti sul ciglio della tangenziale che collega l’aeroporto al centro di Recife. Sorgono addossati l’uno all’altro, all’apparenza pronti ma ancora in parte disabitati, non lontani dalla bella spiaggia urbana di Boa Viagem. Sono letteralmente centinaia e sembrano tutti completati da poco: segni evidenti di un entusiasmante boom edilizio recentemente terminato.

Come in ogni paese che nasconde un’economia e una società tumultuosa e diseguale dietro l’etichetta di “paese in via di sviluppo”, questi residence verticali protetti e dal look contemporaneo sono il sogno segreto più condiviso. Sintomo di un’aspirazione forse un po’ costruita, certo, ma anche e soprattutto del principio – basilare e condivisibile – secondo cui ciascuno ha bisogno prima di tutto di una tana protetta in cui abitare. Di uno spazio separato dalla metropoli caotica e problematica, liberato dai banditi e dalla spazzatura, in cui condurre una vita più simile a quella rappresentata dai cataloghi dei moderni venditori di accessori e di stili di vita.

Il tema della sicurezza, quando si parla di Brasile, è un tema assolutamente centrale: il Brasile – si dice infatti per semplificare – è uno dei posti più insicuri del mondo. Elevato tasso di omicidi, rapine violente, bande di ragazzi di strada, malavita organizzata, polizia corrotta, troppe armi in circolazione, migliaia di uomini donne e bambini senza nulla da perdere: tutto ciò che può spaventare l’europeo medio, qui lo potete trovare. Anche se il senso di insicurezza e di pericolo non è tangibile come altrove (il Sud Africa è peggio, e in Israele il clima è ancora più teso), è quindi chiaro fin da subito che le aree palesemente ok, tipicamente quelle pattugliate da polizia o guardie private, sono poche. Altrettanto chiaro è anche il fatto che, alle zone “ok”, si contrappongono aree evidentemente “off limits”, diciamo per semplicità le favela. Quelle decisamente più diffuse, tuttavia, sono le zone grigie: aree che è necessario provare ad attraversare e a interpretare, ma con assoluta circospezione.

Olinda, una bella cittadina coloniale (il più bel centro coloniale che abbiamo visto) che sembra uscita dalla pubblicità del Pampero, ricca di chiese con interni dorati e di viste mozzafiato (tetti rossi, chiese bianche, vegetazione tropicale, all’orizzonte oceano da un lato e grattacieli scintillanti dall’altro), sorge a pochi chilometri a sud della metropoli moderna di Recife. Sembra essere un esempio una zona “ok”: lo rivendica una sera, mostrandoci le telecamere che dall’alto osservano benevole ogni cosa, un simpatico abitante alticcio che prima dice di lavorare per la prefettura e di avere una sorella che vive a Imola e poi ci chiede se per caso non abbiamo qualche moneta. Come c’aveva già anticipato Sebastian, Olinda è sicura – oltre che per le telecamere, che dopo che te le hanno fatte notare non puoi più smettere di farci caso – anche perché qui la gente ancora prova a vivere per strada e a fare un po’ di comunità (nonostante i B&B).

Non è così ovunque, però.

In Brasile i luoghi pericolosi si dividono in due categorie: quelli in cui non c’è nessuno, e quelli che sono troppo affollati. O forse, a pensarci meglio, è così in tutto il mondo; solo che, in Brasile, questi due idealtipi di luogo costituiscono il 99% dello spazio calpestabile.

Bisogna evitare, si dice, le zone in cui non c’è nessuno per strada. Quindi: niente centro e niente zone di uffici la sera o nel fine settimana; niente cigli degli stradoni di scorrimento che sono dedicati alle automobili; niente spiagge poco frequentate (men che meno dopo l’imbrunire); niente quartieri di grattacieli residenziali (qui, come sappiamo, la gente per bene se c’è è chiusa a farsi i fatti suoi dietro cancelli blindati). Ma attenzione – non si sa mai – anche ai luoghi troppo affollati: ai mercati, alle manifestazioni pubbliche, ai quartieri bohémienne, ai dintorni delle stazioni o delle aree commerciali popolari, e magari anche ai luoghi turistici dove operano i ladri specializzati.

Per rovesciare il tavolo (se uno si dovesse attenere a tutti questi precetti starebbe chiuso in casa, come a quanto pare fa la maggioranza dei brasiliani), oltre che per tirchieria, abbiamo quindi deciso di visitare il centro di Recife nella maniera più incerta e faticosa possibile e cioè arrivandoci con uno dei tanti autobus urbani che passano da Olinda. Così facendo, mentre l’autobus attraversava faticosamente una sequenza di zone grigie, marroni, torbide, polverose, non solo non abbiamo percepito alcun pericolo ma abbiamo anche avuto l’occasione di conoscere (e in parte di sperimentare) quello che è uno dei tratti tipici dei brasiliani che vivono nelle metropoli e cioè il loro estenuante, sfibrante, fantozziano pendolare.

È senz’altro riduttivo dire che il problema del Brasile sia il traffico; è però innegabile che, il mix letale tra megalopoli sconfinate e scarso (o nullo) trasporto su rotaia, renda i trasferimenti estremamente onerosi. Si dice che, nelle grandi metropoli brasiliane, sia normale impiegare due ore (due ore ad andare e altrettante tornare) per percorrere i pochi chilometri che separano le periferie dal centro in cui hanno sede gran parte dei posti di lavoro; e, più o meno per tutti, di certo non si tratta nemmeno di un “tempo di qualità”. Chi la possiede, e già parliamo di classe media, spende infatti queste ore in un’automobile seppellito dentro enormi ingorghi: strade a tre, sei, otto corsie per senso di marcia, in cui negli orari di punta si procede quando va bene a passo d’uomo scivolando tra file di mendicanti e di venditori di patatine. Chi non ha l’automobile, cioè la maggioranza, passa invece questo tempo tipicamente a bordo di autobus che rimangono altrettanto imbottigliati o che, quando invece riescono a camminare, procedono in maniera frenetica tra vibrazioni e scarti. Il tutto, se manca l’aria condizionata, sotto un cielo che emana – nei mesi più rigidi dell’inverno – almeno una trentina di gradi.

I percorsi degli autobus, anche in Brasile, sono ben segnalati su Google: per individuare i bus, è quindi sufficiente collegarsi alla rete e segnarsi i percorsi (le fermate dei bus che abbiamo utilizzato non avevano mai l’indicazione delle linee che vi fermavano, tranne in un caso). In circa tre quarti d’ora, da Olinda (dove è senz’altro consigliabile pernottare) è così possibile raggiungere il centro storico di Recife che si divide tra l’isolotto di Recife Antigo e la penisola (più popolata, con diverse chiese e con un mercato) di Santo Antonio.

Santo Antonio è il “tipico” centro cittadino brasiliano: non ha particolari attrazioni, se non alcune chiese ed un mercato vivace e genuino, ma è vitale e tutto sommato interessante. Recife Antigo, invece, sembra essere il laboratorio in cui la municipalità sta provando ad inventarsi, probabilmente approfittando del traino della magnifica Olinda, una vocazione turistica che ad oggi sembra abbastanza improbabile.

Non so se vi è mai capitato di essere quasi inseguiti dall’addetta dell’ufficio informazioni turistiche comunale alla disperata ricerca di turisti con cui parlare: a noi, a Recife, per la prima volta è successo. Mentre camminavamo nelle poche vie di Recife Antigo in cui la Lonely Planet segnalava delle attrazioni (in particolari piccoli musei che il lunedì, quando siamo capitati noi in città, sono peraltro chiusi), siamo stati infatti intercettati dall’addetta del minuscolo ufficio di informazioni turistiche della città che, nonostante non fosse in grado di parlare in inglese (cosa che in Brasile accade molto spesso), ci ha tenuto a inondarci di brochure e si è fatta carico di trovarci qualcosa da fare. Non è stata particolarmente convincente; ma ci ha lasciato l’impressione che questa città, anche approfittando della vicinanza con Olinda, stia disperatamente provando ad inserirsi nei circuiti turistici. Non è detto che non ce la faccia: già, in giro, si parla di Recife come della “Venezia del Brasile”, ed anche se normalmente dietro a questo genere di etichette si nascondono grandi sòle, il turismo è in gran parte una costruzione e a Recife alcuni rari canali ci sono – anche se oggi, per la verità, sono più che altro utilizzati come fogne.

Il punto più notevole di Recife, oltre alla bella e vicina Olinda, è però probabilmente la spiaggia di Boa Viagem. Raggiungibile in autobus ad un’ulteriore mezzora abbondante dal centro (per tornare a Olinda ci vuole poi circa una straziante ora e mezza di bus) sorge esattamente alle spalle dei nuovi grattacieli residenziali che si incontrano provenendo dall’aeroporto. Boa Viagem è una tipica spiaggia urbana brasiliana: una striscia di sabbia lunga alcuni chilometri, su cui si può camminare all’infinito godendo di un’atmosfera che – almeno in “inverno”, almeno nei giorni infrasettimanali – è veramente piacevole e rilassata. Tenendo presente che, quella di Recife, è una delle spiagge urbane maggiormente popolate dagli squali.

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