Tag: Alloggiare a Rio, arrivo a Rio, Pan di Zucchero, Taxi, Applicazioni, Hotel Selina, bohéme, Santa Teresa, Centro, storia
Rio de Janeiro è una città enorme resa ancora più ampia dal fatto di avere punti di interesse dislocati su una superficie molto estesa e per di più, spesso, nemmeno ben collegata dai mezzi. Più che altrove, inoltre, ogni area della città ha una sua “anima” profondamente diversa: una cosa è il “Centro”, altra cosa sono i quartieri un tempo residenziali ed oggi – ciascuno a modo suo – piacevolmente decadenti (Lapa, Santa Teresa, Botafogo, Gloria o Flamengo), altra cosa ancora sono le zone delle spiagge (Copacabana, più popolare, ed Ipanema e Leblon, più esclusive). Per di più, ogni luogo prende una forma decisamente diversa con il passare della settimana: dal lunedì al venerdì, ad esempio, i quartieri del Centro sono decisamente popolati; nel fine settimana, al contrario, diventano deserti (e quindi poco sicuri). Tutte le zone citate, comunque, ospitano un’abbondanza di strutture ricettive: alloggiare in una zona oppure nell’altra, e spesso anche alloggiarci di giovedì o invece di domenica, significa più che altrove fare un’esperienza della città completamente diversa.
Arrivando e ripartendo per l’Italia da Rio de Janeiro, la nostra idea è stata quella dividere la visita di Rio in due parti: due giornate abbondanti all’arrivo con base nel quartiere centrale di Lapa, e due giorni prima della ripartenza con base a Copacabana. Se all’arrivo abbiamo preferito fare affidamento su una struttura organizzata come un ostello (reception h24, staff disponibile, ampi spazi comuni, contesto giovane ed informale, bar interno), nel secondo caso essendo già pratici del paese e della città ci siamo rivolti ad un hotel tradizionale potendo così godere di una camera più ampia e di un’abbondante colazione a buffet.
Il volo Alitalia è giunto a Rio, dopo 11 ore di volo non stop da Roma, alle 5 del mattino. Usciti dagli arrivi abbiamo attraversato la posatissima mischia dei tassisti e ci siamo diretti verso gli ATM Visa e Mastercard da cui abbiamo prelevato il contante necessario per i primi giorni (anche se, in generale, è quasi sempre possibile nonché conveniente pagare come fanno i locali direttamente con carta di credito). Usciti all’esterno, ci siamo quindi rivolti ai ‘Taxi Comum’, i taxi gialli disponibili in posizione un po’ defilata rispetto ai più costosi radio-taxi bianchi. La corsa dall’aeroporto a Lapa, con prezzo fisso concordato con l’addetto, ci è così costata 20 euro (80 Real: tutti i prezzi si baseranno sul cambio semplificato 1 euro = 4 real, ma attenzione perché la moneta brasiliana non è affatto stabile!).
Non è mia intenzione dilungarmi in descrizioni struggenti delle cose viste: per economia di retorica e per evitare di banalizzare emozioni che vanno vissute in prima persona. Se anche voi avrete l’opportunità di giungere a Rio all’alba, o almeno con la luce, cercate però di godervi il più possibile il viaggio dall’aeroporto alla città ed in particolare la prima parte durante la quale si attraversano i viadotti che separano l’isola su cui si trova l’aeroporto Galeao dalla terra ferma, perché la vista della ‘laguna’ e poi della città in lontananza è veramente magica.
Dopo aver lasciato in ostello i bagagli abbiamo approfittato dell’orario mattutina per visitare il Pan di Zucchero poco dopo l’apertura. Un’esperienza consigliatissima: sia perché il Pan di Zucchero (uno sperone di roccia di circa 400 metri a picco sul mare, su cui si sale con due funicolari, da cui è possibile vedere l’intera città, le montagne circostanti e la baia) è stato con il senno di poi probabilmente il punto più bello della visita, sia perché è un luogo turistico e quindi in un certo senso “rassicurante” e adatto a chi è appena arrivato. Se normalmente è abbastanza sgradevole, infatti, trovarsi in un luogo “protetto” attorniati da “turisti”, ciò può tornare utile quando si è appena arrivati in un continente nuovo e si è comprensibilmente ancora poco lucidi per i postumi di una notte quasi insonne passata in aereo.
Per raggiungere il Pan di Zucchero è quasi necessario prendere un taxi. I taxi gialli, che a Rio sono disponibili più o meno ovunque e che normalmente accendono il meter (e quindi fanno correttamente pagare al chilometro: per una corsa di una ventina di minuti si può prevedere di pagare 8-12 euro), sono una buona soluzione; l’alternativa, più economica ed altrettanto legale e sicura (anche a detta dei locali), è Uber. In Brasile Uber è stato rapidamente legalizzato: nonostante le proteste iniziali dei tassisti, infatti, il governo ha preso rapidamente le difese del nuovo servizio che ha potenziato e democratizzato la mobilità nelle città e che, paradossalmente, sembra garantire addirittura maggiori livelli di sicurezza rispetto ai taxi tradizionali. Il sistema oggi funziona molto bene: permette di risparmiare, limita l’utilizzo di contante e (paradossalmente?) fa sentire più al sicuro dato che ogni driver è recensito e tracciato. Anche per questo, vi consiglio di scaricare in anticipo l’app perché vi permetterà di risparmiare significativamente e di risparmiare tragitti faticosi e/o insicuri. L’unico pecca, ovviamente, è che per utilizzare Uber è necessario avere a disposizione nel momento in cui si prenota una buona connessione internet: per averla, è possibile fare affidamento sui wi-fi degli hotel e (talvolta) sul wi-fi pubblico o su quello di qualche bar e ristorante. Pare sia inoltre possibile acquistare una scheda brasiliana pensata proprio per i turisti con traffico internet incluso: personalmente non l’ho fatto, ma con il senno di poi ne sarebbe probabilmente valsa la pena. Il consiglio, in ogni caso, è quello di non sottovalutare il tema connettività ed anzi di utilizzare internet e le applicazioni quanto più possibile (scaricare le mappe di Google in locale, scaricare la lingua portoghese nell’app Translate, scaricare Uber, le app delle compagnie aeree per fare le carte d’imbarco e magari pure un’app di food delivery – la più diffusa, in Brasile, si chiama Rappi e funziona a meraviglia), perché in questo paese più che mai orientato al futuro sono una risorsa fondamentale.
Dopo la visita al Pan di Zucchero e alla bella e raccolta spiaggia Vermelha, che si trova nei pressi della stazione della funivia (“Bondinho”) che sale in due step sullo sperone roccioso, siamo rientrati alla base, l’hotel Selina di Lapa.
L’hotel Selina di Lapa merita senz’altro una menzione particolare per quello che è, e soprattutto per quello che rappresenta. È la prima struttura aperta in Brasile dalla catena Selina, presente in tutta l’America Latina, ed è un ostello modernissimo e veramente molto stiloso: un bar interno che pare di essere a Londra, spazi dedicati al co-working, un bel rooftop su cui la sera vengono organizzati dj set aperti ai (semi-facoltosi) locali. Non è una struttura “tipica”, o meglio non è allineata all’immagine che abbiamo del Brasile; piuttosto, è uno dei tanti luoghi presenti anche qui che sono espressione di quella tendenza e di quello stile ‘globale’ che da un lato unifica ed appiattisce le differenze, questione come minimo ambivalente, ma che dall’altro esprime anche la lecita aspirazione dei giovani locali ad esser a pieno titolo abitanti del presente. Tutto questo – questa dimensione “globale” che a noi sembra essere slegata dallo spirito del luogo e che invece esprime le ambizioni e gli stili di consumo di chi quei luoghi li abita realmente forse più di ciò che a noi risulta esotico – ha peraltro il pregio di risultare, per il viaggiatore, tranquillizzante. Un aspetto, questo, veramente prezioso se inserito in un quartiere particolare come quello di Lapa: un quartiere che va visto e che va ‘vissuto’, con la dovuta circospezione, ma che può risultare – almeno per chi è appena arrivato – in un certo senso ‘paralizzante’.
Lapa è, oggi, un quartiere della ‘movida alternativa’ di Rio. È il quartiere nei pressi del Centro in cui a cavallo del novecento avevano sede i piccoli commercianti della città: è fatto da basse palazzine in stile liberty, un tempo eleganti ed oggi malridotte, ed è stato negli ultimi decenni abbandonato dalle classi medie diventando gradualmente “malfamato”. Negli anni a Lapa hanno avuto sede i locali a luci rosse e le sale concerti: anche oggi, Lapa è noto per i locali alla buona, per i negozi in cui vengono venduti solo alcolici (c’è addirittura un baretto dedicato solo a decine di varietà di Cachaça) e per i club in cui si suona musica dal vivo. È insomma il quartiere bohémienne del centro: un quartiere tanto genuinamente bohémienne (di quella bohéme reale e un po’ genuinamente sudicia che precede la gentrificazione) da essere ancora il posto in cui sono più concentrati anche i giovani senzatetto, in cui la polizia costituisce ogni sera un presidio defilato ma consistente ed in cui si trovano i punti informativi delle associazioni che aiutano i tossicodipendenti. Un quartiere in cui, di pomeriggio, ci si può sedere ai tavolini del bar a bere una birra in mezzo a decine di altri locali mentre accanto un senzatetto raccoglie a mano la spazzatura, un ubriaco cerca di attaccare bottone ed una giovane e malandata transessuale attende i clienti sul ciglio della strada. La sera, soprattutto nel weekend qui confluiscono invece centinaia di giovani e di tiratardi ed i locali si animano; la mattina, il quartiere si placa e nelle strade rimangono ad aggirarsi solo i resti materiali ed umani della notte passata.
Per il viaggiatore Lapa non è esattamente – almeno all’inizio, almeno nel fine settimana – un quartiere dove ci si aggira serenamente: soprattutto perché il Brasile ha la brutta fama di luogo pericoloso, ed anche perché – in questo mondo per alcuni versi tanto diverso dal nostro – qui mancano spesso i riferimenti. Anche se i pregiudizi in questi contesti sono straordinariamente efficaci nell’aiutarci a collocare ogni cosa nella categoria di “buono” o di “cattivo”, infatti, qui è veramente difficile capire con lucidità chi e cosa sia veramente pericoloso: se dovessimo giudicare con certi canoni “italiani” sembrerebbe esserlo tutto o quasi; nella realtà, però, probabilmente i pericoli veri stanno decisamente altrove. Quando siamo arrivati per la prima volta al Selina, alle sette del mattino, non abbiamo potuto ad esempio non notare a due passi dall’hotel (presidiato da un buttafuori) varie persone che dormivano per strada, mucchi di coperte ed una dozzina di giovani barcollanti e seminudi che ancora si agitavano ballando attorno ad un carrello della spesa su cui era stata caricata una cassa che suonava musica elettronica. Un simile capannello di soggetti che, per apparenza e stile, sembrano corrispondere all’idealtipo europeo del “tossico di strada”, è difficile da interpretare: e se fossero invece semplicemente raver? O universitari dallo stile alternativo? O poveri che si godono il fresco? O ragazzi che hanno fatto serata? O i pacifici abitanti di un vicino edificio occupato? O innocui venditori di collanine? O magari, chissà, sono veramente persone che, se le cose gli girano per il verso sbagliato, sono in grado di aggredire lì per lì una persona per futili motivi.
Proprio per questo, per questi incontri e per questi scenari, Lapa è un quartiere che secondo me deve essere esplorato perché aiuta a produrre adrenalina ed anche a mettere in discussione e ad allenare i propri punti di vista (noi, in ogni caso, non abbiamo mai assistito ad alcun pericolo o minaccia reale). Contiene inoltre un paio di famosi landmark: l’acquedotto costruito dai portoghesi nel ‘700 ispirandosi agli acquedotti romani, e la scalinata Selaron – una ripida scalinata ricoperta di piastrelle colorate opera di un artista colombiano. Partendo da qui è inoltre possibile affacciarsi nell’incredibile cattedrale brutalista costruita nel 1979, oppure prendere il tram storico che si inerpica a Santa Teresa, il vecchio ed enorme quartiere residenziale dal sapore portoghese costruito sulla collina in cui nel Settecento e nell’Ottocento viveva una parte consistente degli abitanti di Rio osservando dall’alto quella che, all’epoca, era più che altro un’insalubre palude. Infine, Lapa costituisce una buonissima base da cui esplorare a piedi nei giorni lavorativi il Centro.
Il Centro, cioè – in senso più esteso – la zona che va da Lapa a Santa Teresa, dalla brulicante fermata metropolitana di Carioca a Flamengo, è la zona in cui la città si è sviluppata originariamente in particolare a partire dal primo Ottocento e cioè quando Rio è diventata la capitale di quello che allora era un dominio portoghese. Ha tuttavia da tempo perso la sua centralità: nel 1960, Rio de Janeiro, ha tra l’altro cessato di essere la capitale del Paese sostituita dalla città sorta nel nulla di Brasilia. Ciò che è rimasto, quindi, ha assunto (come accaduto in molte città coloniali) un aspetto nuovo, malinconico, decadente e fuori posto: le vecchie ville in collina dei mercanti, il primo parco per il passeggio costruito per il re alla moda francese, l’antica pasticceria con le pareti a specchio e i candelabri dorati, la sala di lettura con le vetrate dipinte, i grandi boulevard alberati, l’antico convento francescano abbarbicato sulla collina, si alternano oggi a vecchie case fatiscenti o a palazzine di uffici che fuori dagli orari di lavoro giacciono tristemente abbandonati.
In quest’area rimane, però, la testimonianza di una storia ricca, avvincente, incredibile.
Si dice che il Brasile sia un paese “senza storia” semplicemente perché gli europei vi hanno messo piede tardi, perché è sempre stato un luogo periferico e perché i popoli che vi vivevano prima non hanno lasciato testimonianze né materiali né scritte. Ma anche senza tutto questo, senza scendere nei dettagli, vi garantisco invece che la storia del Brasile dal Cinquecento in poi è una delle storie più interessanti e incredibili che mi sia mai capitato di incrociare. Le varie fasi economiche (dal legname allo zucchero, dall’oro al caffè), i mille ribaltamenti politici, la schiavitù (il Brasile è l’ultimo stato che l’ha abolita, nel vicino 1888), il ruolo dei missionari, i flussi migratori (il 15% dei brasiliani dipende da italiani, ma il Brasile è stato anche il primo paese di emigrazione per i giapponesi), sono solo alcuni esempi. Lo sapete che Rio de Janeiro è stata l’unica città extraeuropea da cui sono stati governati territori europei? Lo sapete che il Brasile è stato l’unico stato dell’America Latina a diventare indipendente salvaguardando la forma monarchica, e che il primo Re è stato il figlio del re del Portogallo? E che ne sapete, delle avventure in Brasile dell’eroe dei due mondi Garibaldi?
Per questo, vi consiglio di procurarvi qualche lettura.
Una risposta a "BRASILE / Giorni 1 – 3: RIO DE JANEIRO (base Lapa)"